UN DIAMANTE

FIRMATO “LES REGARDS”

Un diamante firmato “Les Regards”

Era già risuonato l’ultimo rintocco delle campane di Pey Berland; Virginia sedeva al tavolo di un vecchio ristorante all’angolo di Cours Pasteur. Era un tipico autunno aquitano e Bordeaux era istoriata lungo i suoi viali dall’ocra e il rosso del fogliame caduco dei platani nodosi e dei tigli. La sala era quasi vuota e ai tavoli regnava un desolato silenzio serale accompagnato dal nostalgico bagliore delle lampade appese al soffitto che illuminava la soave colorazione delle pareti. Dall’angolo della sala un uomo nella penombra fissava Virginia e, facendo cenno al cameriere, ordinò un calice vuoto per mescere dentro del suo vino e offrirlo a lei che sedeva tre o quattro tavoli dopo. Lentamente il cameriere camminò fino al tavolo facendo scoccare i listelli d’ebano che rivestivano il pavimento. Raccolse poi il calice di vino e lo porse a Virginia. Ella si girò e vide il giovane uomo sorriderle, col mento tra le dita e sollevando il suo calice per invitarla a bere. Sulle gote di lei parve salire un lieve rossore d’imbarazzo che fluiva, appena appena sensibile, fino alle sue palpebre illuminate dalla lampada sotto cui era seduta.

Da quel calice esalò un intenso profumo da accendere in lei un rivivere subitaneo dello spirito. Bevve quel vino e al primo sorso riconobbe nel sapore quell’odore acuto che invadeva le sue narici. Improvvisamente l’uomo le si avvicinò, le porse un tovagliolo per asciugarsi le labbra. Virginia accettò e sollevando il tovagliolo l’uomo osservò al suo anulare un anello con un brillante incastonato. Costui trasalì e per un po’ parve assentarsi, dando modo di vedere dove il suo sguardo si posasse. Virginia educatamente annuì a quello che ben comprese essere il suo presagio, ovvero d’essere una donna già promessa. Quel giovane uomo, tuttavia, con grande galanteria si presentò continuando a sorriderle. Salutò, poi, ordinatamente e si diresse verso l’uscita. Virginia poté vederlo l’ultima volta dalla vetrata del ristorante che aggettava sulla strada, mentre di spalle scompariva con sbalorditiva rapidità sotto i raggi della luna piena che spiovevano in aureo splendore tra gli edifici secolari. Al suo ritorno a casa fu tremendamente presa da una febbrile emozione che ella stessa non sapeva definire in maniera più acconcia se non con l’ammettere di non riuscire a rimuovere il ricordo del profumo di quel vino; quel profumo che ancora le sue mani conservavano. D’improvviso, mentre avvicinava il suo palmo sinistro al naso, si accorse che l’anello non recava più il diamante alla sua sommità. Presa dallo sconforto fece il percorso a ritroso nel cuore della notte, guardando in ogni angolo della strada che ebbe battuta in precedenza. Si ritrovò dritta di fronte alla porta ormai chiusa del ristorante e, tagliando l’aria con un sospiro, prese consapevolezza che mai più avrebbe ritrovato quel diamante perduto nell’abisso del profumo intenso di quel vino.